I tunisini muoiono, l'Italia è con il dittatore

Pubblicato il da ipharra.over-blog.it

Da: IRIB

È impressionante, oggi che le notizie dalla Tunisia sono del tutto ignorate dalla politica italiana. E fa impressione ricordare come nel caso dell'Iran ogni accadimento e ogni dichiarazione in quel paese finiscano sotto la lente d'ingrandimento dell'Occidente e come provochino sistematicamente decine di dichiarazioni contro il regime iraniano e il suo presidente, spesso definito dittatore anche se non è nemmeno l'autorità suprema del paese.

Nel caso della dittatura tunisina invece non è mai successo niente di tutto questo. Che sia una dittatura non ci sono dubbi, il paese è nelle mani di un leader che da oltre vent'anni trionfa a pseudo-elezioni con il 90% dei consensi. Il clima nel paese è da stato di polizia e la minaccia islamica non c'entra affatto, visto che è stato instaurato ben prima che apparrissero all'orizzonte i movimenti integralisti e si calcola che ormai un tunisino su dieci collabori più o meno volontariamente con i servizi di sicurezza. Non ci sono giornali che non siano sotto il controllo diretto del leader, non ci sono televisioni se non quelle controllate dal leader, con la notevole eccezione di Nesma TV, la televisione di Berlusconi.

All'Occidente va benissimo così e soprattutto va bene alla Francia, antica potenza coloniale e all'Italia, che favorì proprio l'ascesa dell'attuale dittatore al potere. Una genialata del governo Craxi-Andreotti e si capisce perché in seguito Craxi abbia trovato rifugio per la sua latitanza proprio in Tunisia . Si capisce così anche perché gli eredi e antichi compagni di Craxi, su tutti Berlusconi e Frattini, siano molto affezionati al dittatore tunisino, e anche come molti imprenditori italiani abbiano investito in Tunisia, cercando il dividendo assicurato dalla particolare "stabilità" garantita dalla complicità con una feroce dittatura che pretende la sua percentuale su tutto.

Il silenzio della Francia è clamoroso e giustificato ufficialmente dicendo che non si vuole rischiare l'accusa d'ingerenza in una ex-colonia. Principio sacrosanto, che Parigi però non ha mai rispettato e che continua a non rispettare ovunque altrove. L'Italia invece si è fatta notare per l'unica dichiarazione a favore della dittatura, non modificata nemmeno dopo che il governo ha fatto sparare sui dimostranti e dopo che Stati Uniti e Unione Europea hanno intimato alla dittatura d'interrompere le violenze.

Non che sia servito a molto, il dittatore tira dritto e nel nostro paese non se n'è accorto nessuno, tutti presi da altro o tutti in qualche modo con la coscienza sporca, perché ci sono settecento imprenditori che hanno investito in Tunisia e perché della Tunisia non si parla male sui media, controllare per credere.

Di fatto il nostro paese è l'unico ufficialmente schierato a fianco della dittatura tunisina, per descrivere la quale molti dei nostri media evitano accuratamente di scrivere o pronunciare i termini: regime e dittatura. Un'omissione facilmente verificabile all'interno della quale si ritrova una coincidenza incredibile: nessuno di quelli che hanno definito dittatore il presidente venezuelano Chavez, che dittatore non è, definisce oggi dittatore il tunisino Ben Alì. Nessuno dei media che hanno sostenuto "l'esportazione della democrazia" ha mai criticato il dittatore tunisino, che non era invisibile prima della rivolta, stando da anni in ai primi posti della classifica dei nemici dei diritti umani.

Gli ultimi avvenimenti e il silenzio del governo italiano dopo le dichiarazioni di Frattini, offrono ai tunisini l'immagine di un'Italia che sostiene compatta la dittatura tunisina. Se un tunisino leggesse i maggiori giornali italiani non avrebbe dubbi. Al massimo si trovano giornalisti di rito craxiano che puntano il dito contro la Francia cattiva, ma la salute dei tunisini non sembra proprio interessare a nessuno, come non è mai fregato niente a nessuno per decenni che in Tunisia ci fosse una feroce dittatura, come non frega a nessuno della dittatura libica, di quella egiziana e via enumerando. Però Saddam era cattivo e Ahmadinejad mammamia.

Serve il dittatore nemico, ma serve anche un dittatore amico, in Tunisia puoi trovare asilo, in Libia puoi scoprire il fantastico mondo del Bunga-Bunga, al faraone egiziano puoi appioppare una nipote per negare di preferire le puttane minorenni. Più prosaicamente è quasi sempre molto conveniente associarsi a una dittatura nello sfruttamento di un paese, delle sue risorse e del suo popolo.

Tunisi è militarizzata, i morti aumentano, il paese è paralizzato e la repressione non riesce ad intimorire i rivoltosi. Qui da noi se va bene si trova al massimo qualche narcisello che disserta su come sia 2.0 la rivolta tunisina, continuiamo a vivere con la testa nella sabbia, continuiamo a farci del male.

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