senza ottimismi e pessimismi di principio.

Pubblicato il da ipharra.over-blog.it

 di byebyeunclesam

Dopo l'ottimo commento del professor Claudio Moffa, esperto di Africa e Vicino-Medio Oriente:

Ma al di là di questo, le parole di Obama e in generale la momentanea stasi della situazione in Egitto inducono a una riflessione su cosa sia veramente accaduto e stia veramente accadendo nel mondo arabo dopo la rivolta tunisina e quella egiziana. Circola infatti di tutto: per alcuni il rischio è che si diffonda lo spettro di Al Qaeda a seguito delle crisi di Tunisi e del Cairo; per altri – che ragionano in termini di qualunquismo movimentista: chiunque si ribelli in quale che sia piazza allo “stato di cose presente” è un ribelle che vuole la “democrazia” e dunque va sostenuto – si è di fronte a un’onda inarrestabile di democratizzazione del Medio Oriente; per altri infine, siamo di fronte a un grande inganno, alla “tempesta perfetta” evocata dal segretario di stato americano, un Grande Fratello che tutto controlla e di cui il Consiglio militare che oggi regna in Egitto sarebbe la ferrea e longa manus.
Credo che bisogna analizzare bene la situazione.
(…)
E’ una rivoluzione geopolitica quella che ha sconvolto e sta sconvolgendo Medio Oriente, Asia, Africa e America latina, con antiche alleanze USA che entrano in crisi, e che scivolano verso il campo della fermezza iraniana e della superpotenza cinese. Obama può aver pianificato quel che vuole, con i “suoi” egiziani istruiti nelle Accademie militari e nelle Università USA: ma a parte possibili delusioni alla Fidel Castro 1960, egli insegue una situazione sempre più pericolosa per la tenuta USA in Medio Oriente, non la precede e non la guida con assoluta certezza sui suoi esiti. Che riuscirà a controllare fino in fondo la sua manovra di recupero avviata al Cairo, è difficile a dirsi, perché a Piazza Tahir non c’era solo l’executive manager di Google Wael Ghonim, e nell’esercito egiziano non c’è solo il Consiglio Militare supremo.

 
Le incognite sono numerose: la situazione è in realtà in pieno movimento. Se il Consiglio Militare si rimangerà la promessa di elezioni fra sei mesi, è difficile pensare che le piazze egiziane non si riempiranno di nuovo: se ci saranno le elezioni i Fratelli Musulmani guadagneranno spazio, forza e visibilità. C’è peraltro un livello occulto su cui riflettere e riguarda, come ho già detto nell’intervista a Radio-IRIB, l’esercito. Se non è stata la CIA di Obama, chi ha ordito il fallito attentato contro Omar Soleiman? Esiste qualche altra forza organizzata dentro le Forze Armate? Sopravvive una memoria di Nasser e del nasserismo, non solo fra la gente che salutava i carri armati con slogan di fratellanza fra popolo ed esercito, ma anche appunto fra gli egiziani in divisa? Sappiamo ben poco su tutto questo. Giorni fa, una corrispondenza del GR 3 di Maria Gianniti citava il caso di soldati che avevano “gettato la divisa” per stare dalla parte del popolo: caso assai improbabile, probabile disinformatio invece, di chi teme che i soldati “dalla parte del popolo” continuino a stare dentro le Forze armate, pronti a difenderlo e a liberarlo secondo classica tradizione di tutto il mondo arabo.
Quello che è comunque certo è che i giochi sono tuttora aperti, e dentro la varietà di ipotesi che presenta oggi l’Egitto e più in generale lo scacchiere mediorientale, è impossibile pensare che prima o poi non ci saranno ricadute anche sulla drammatica situazione di Gaza, dove Hamas continua a resistere al disumano assedio israeliano. Di fronte alla fluidità del processo messo in atto dalla rivoluzione egiziana, assumere atteggiamenti di indifferenza e da scettici blu che tutto sanno e tutto hanno capito, francamente non mi pare abbia molto senso.
Meglio leggere con umiltà gli avvenimenti e cercare di seguirne con il massimo di obbiettività possibile gli sviluppi, senza ottimismi e pessimismi di principio.

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Con tag Paesi Arabi

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R
<br /> Als das Leben, sowie harte Leben zu genie?en, jetzt genie?en<br />
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R
<br /> Alle Arten von Leben, alle Arten von Menschen<br />
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